Ricorso   per   conflitto   di   attribuzione   della    Regione
Emilia-Romagna, in persona del presidente della giunta regionale  pro
tempore Stefano Bonaccini, autorizzato con deliberazione della giunta
regionale 4 febbraio 2019, n. 181 (all. 1), rappresentata  e  difesa,
come da procura speciale a margine del presente atto, dall'avv. prof.
Giandomenico Falcon (c.f. FLC GDM 45C06L 736E,  telefax  049-8776503,
indirizzo PEC giandomenico.falcon@ ordineavvocatipadova.it) di Padova
e  dall'avv.  Andrea  Manzi  (c.f.  MNZ  NDR  64T26  I804V,  n.   fax
06-3211370,  indirizzo  PEC  andreamanzi@ordineavvocatiroma.org)   di
Roma, con domicilio eletto nello studio di quest'ultimo in Roma,  via
Confalonieri, n. 5, 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso  ex  lege  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,   per   la
dichiarazione che non spetta allo Stato,  e  per  esso  al  Ministero
delle  infrastrutture,  nelle  circostanze  descritte  nel   presente
ricorso  e  in  violazione  del  principio  costituzionale  di  leale
collaborazione e, anche in connessione  con  esso,  delle  competenze
costituzionali della Regione Emilia-Romagna, con particolare riguardo
alla competenza in materia di governo del territorio e grandi reti di
trasporto, di: 
        omettere di riconvocare,  per  consentire  l'esame  congiunto
delle richieste ottimizzazioni progettuali, la conferenza di  servizi
gia' in corso ma rinviata con la nota n. 13005 del  17  agosto  2018,
con la partecipazione tra l'altro della Regione Emilia-Romagna, della
Citta' metropolitana di Bologna e del Comune di Bologna, in relazione
alla progettazione degli  interventi  di  potenziamento  del  sistema
autostradale e tangenziale di Bologna - «passante nord  di  Bologna»,
di cui all'accordo del 15 aprile  2016,  sottoscritto  dal  Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, dalla  Regione  Emilia-Romagna,
dalla Provincia di Bologna, dal Comune di Bologna  e  dalla  Societa'
Autostrade per l'Italia S.p.A.; 
        procedere, in luogo della convocazione  della  conferenza  di
servizi e senza alcun  coinvolgimento  della  Regione  e  degli  enti
locali  territoriali  coinvolti,   alla   unilaterale   progettazione
preliminare   degli   interventi   di   potenziamento   del   sistema
autostradale e tangenziale di Bologna - «passante nord  di  Bologna»,
in difformita' di quanto previsto nell'accordo del  15  aprile  2016,
sottoscritto dal Ministero  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,
dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna, dal  Comune
di Bologna e dalla Societa' Autostrade per l'Italia S.p.A.; 
        omettere di portare alla stessa conoscenza della Regione  gli
elaborati, gia' condivisi con la  societa'  Autostrade  per  l'Italia
S.p.A.,  della  nuova  formulazione   progettuale   prospettata   nel
comunicato  stampa  del  10  dicembre  2019,  e  per  la  conseguente
statuizione  dell'obbligo  costituzionale  di  porre  fine   a   tali
comportamenti   ed   intraprendere    i    percorsi    procedimentali
costituzionalmente  dovuti,   coinvolgendo   in   essi   la   Regione
Emilia-Romagna. 
 
                                Fatto 
 
    Nell'ambito della Intesa generale quadro tra  Governo  e  Regione
Emilia-Romagna per il  congiunto  coordinamento  e  la  realizzazione
delle infrastrutture strategiche  e  dei  relativi  Atti  aggiuntivi,
stipulati in attuazione dell'art. 1 della legge n. 443 del 2001 (c.d.
legge obiettivo), il Nuovo atto aggiuntivo  stipulato  dalla  Regione
con il Governo in data 19 aprile  2013  individua  tra  priorita'  di
breve periodo il «nodo autostradale e stradale di Bologna -  passante
autostradale nord» e, come opera connessa, il nodo di  Rastignano  2°
lotto. 
    In data 29 aprile 2014 il Ministero delle  infrastrutture  e  dei
trasporti, la Regione Emilia-Romagna, la  Provincia  di  Bologna,  il
Comune di Bologna e la Societa' Autostrade per  l'Italia  S.p.A.  (di
seguito anche ASPI) hanno sottoscritto un accordo per lo sviluppo  da
parte della societa'  Autostrade  per  l'Italia  della  progettazione
preliminare del c.d. Passante nord di Bologna. 
    In seguito, tuttavia, alle criticita' strutturali delle soluzioni
progettuali proposte dalla societa' Autostrade per l'Italia  sotto  i
profili  territoriale,  ambientale,   paesaggistico   ed   economico,
rilevate dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Citta' metropolitana  di
Bologna (succeduta  alla  Provincia)  e  dal  Comune  di  Bologna,  e
conformemente a quanto  previsto  dall'accordo  del  2014,  le  parti
convenivano sulla necessita' di stipulare un nuovo  accordo  relativo
al potenziamento in sede del sistema autostradale/tangenziale -  nodo
di Bologna. 
    Tale nuovo accordo veniva effettivamente sottoscritto in data  15
aprile 2016 dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla
Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di  Bologna,  dal  Comune  di
Bologna e dalla Societa' Autostrade per l'Italia S.p.A. Come  risulta
dalla  Relazione  preliminare  esso  individua   un   nuovo   assetto
complessivo del potenziamento in sede del nodo di Bologna. 
    In particolare, tale potenziamento, evidentemente  indispensabile
per la quantita' e la rilevanza del  traffico  che  in  esso  circola
nelle diverse direzioni, viene altresi' riconosciuto  come  occasione
per  riorganizzare  lo  spazio  ed  il  territorio   adiacente,   con
particolare attenzione alla mitigazione e all'inserimento ambientale,
secondo linee gia' in una linea di massima individuate  dallo  stesso
accordo. 
    Seguiva la redazione del  progetto  preliminare  da  parte  della
societa' Autostrade per l'Italia, in qualita' di  concessionaria  del
tratto  interessato,  progetto  che  e'  stato  quindi  sottoposto  a
procedimento di valutazione di impatto ambientale ai sensi  dell'art.
23 decreto legislativo n. 152 del  2006,  procedimento  positivamente
conclusosi, acquisite le valutazioni della Regione Emilia-Romagna  di
cui alla d.G.r. n. 1202 del 2 agosto 2017, con decreto  del  Ministro
per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare n.  133  del  30
marzo 2018, recante parere positivo sulla  compatibilita'  ambientale
dell'intervento previa osservanza di condizioni ambientali. 
    Con nota n. 10491 del 17 maggio 2018, la Direzione  generale  per
la vigilanza sulle concessioni autostradali presso il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, quale soggetto concedente, comunicava
che con il  verbale  del  16  dicembre  2016  la  medesima  Direzione
generale aveva rilasciato la  validazione  tecnica  sul  progetto  in
esame. 
    A  seguito  della  ricezione,  da  parte  del   Ministero   delle
infrastrutture e dei trasporti, della nota di ASPI n. 6886/EU del  21
marzo  2018,  con  la  quale  il   concessionario   aveva   richiesto
l'espletamento   della   procedura   di   verifica   di   conformita'
urbanistica, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della
Repubblica 18  aprile  1994,  n.  383  e  dall'art.  37  della  legge
regionale Emilia-Romagna 24 marzo 2000,  n.  20,  il  Ministero,  con
successiva nota n. 9695 del 15 giugno 2018, richiedeva  alla  Regione
Emilia-Romagna  di  pronunciarsi  in  merito  all'accertamento  della
conformita'  urbanistica  delle  opere  in   esame,   rispetto   alle
prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed  edilizi  vigenti
nei comuni  interessati.  In  risposta  alla  predetta  comunicazione
ministeriale, la Regione Emilia-Romagna, con nota n.  463828  del  26
giugno  2018  della  Direzione  generale  cura   del   territorio   e
dell'ambiente, comunicava che  il  progetto  in  esame  non  appariva
pienamente conforme ne' al piano territoriale di coordinamento  della
Citta' metropolitana di Bologna, ne' ai piani urbanistici dei  Comuni
di Bologna e di San Lazzaro di Savena, e contestualmente  trasmetteva
le  valutazioni  e  i  pareri  pervenuti  alla  Regione  dagli   enti
territoriali nell'ambito dell'istruttoria espletata. 
    Preso atto della segnalata assenza di conformita' deI progetto in
esame ai menzionati atti di pianificazione  urbanistico-edilizia,  ai
sensi dell'art. 14-ter, comma 7, della legge 7 agosto 1990,  n.  241,
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti  convocava  per  il
giorno 13 settembre 2018, con nota n. 11032 del 9  luglio  2018,  una
conferenza di servizi ai sensi e per  gli  effetti  del  decreto  del
Presidente della  Repubblica  18  aprile  1994,  n.  383,  rivolta  a
convenire le necessarie modificazioni degli strumenti urbanistici. 
    Tuttavia, tale conferenza di  servizi,  gia'  convocata,  non  si
riuniva, in quanto, con successiva nota n. 8823 del 16  agosto  2018,
il Capo del Dipartimento  per  le  infrastrutture  e  per  i  sistemi
informativi e statistici del Ministero  delle  infrastrutture  e  dei
trasporti, comunicava che il Gabinetto del Ministro «nel quadro degli
orientamenti   programmatici   di   governo   -   ha    rappresentato
l'opportunita' che la  Conferenza  di  servizi,  gia'  convocata  nei
termini  anzidetti,  tenga  conto   delle   valutazioni   in   ordine
all'ottimizzazione  del  progetto  di  che  trattasi»,   evidenziando
altresi'  che  ASPI  avrebbe  «comunicato  che  gli   approfondimenti
progettuali richiesti saranno completati  solo  successivamente  alla
data  individuata  per  la  seduta  di  Conferenza»  ed   esprimendo,
pertanto, l'esigenza di disporre il differimento della seduta stessa. 
    Con nota immediatamente successiva, n. 13005 del 17 agosto  2018,
a firma del direttore generale, il Ministero dei  trasporti  e  delle
infrastrutture   comunicava   quindi   formalmente   a    tutte    le
amministrazioni e a tutti i soggetti privati interessati che, per  le
ragioni di cui alla nota n. 8823 del 16 agosto 2018,  «la  Conferenza
di Servizi prevista per il 13 settembre 2018, e' rinviata  in  attesa
dell'esito delle valutazioni in corso  in  ordine  all'ottimizzazione
del  progetto  delle  opere  di   che   trattasi,   previa   verifica
dell'insussistenza di vincoli o  ostacoli  di  natura  sostanziale  e
procedimentale». 
    La  societa'  Autostrade  per  l'Italia  procedeva  dunque   alle
ulteriori verifiche richieste dal concedente, in esito alle quali  la
societa'  confermava  integralmente  le  soluzioni  progettuali  gia'
sottoposte a verifiche di compatibilita' ambientale e di  conformita'
urbanistico-edilizia. Tale conclusione determinava  quindi  il  venir
meno della ragione per la quale il Ministero aveva disposto il rinvio
della conferenza di servizio e ne imponeva la riconvocazione. 
    Cio'  nonostante,  anziche'  provvedere  all'attesa  convocazione
della conferenza di servizi il Ministero delle infrastrutture  e  dei
trasporti ha diffuso,  attraverso  la  pagina  web  del  Governo,  un
comunicato stampa, presentato sotto la  dicitura  Dal  Mit  un  nuovo
progetto alternativo per il Passante  di  Bologna,  accompagnata  dal
sottotitolo pubblicitario Con nuova soluzione  meno  traffico,  costi
ridotti fino al 67% e meno consumo suolo, (come tuttora puo' leggersi
al                                                               sito
www.mit.gov.it/comunicazione/news/dal-mit-un-nuovo-progetto-alternati
vo-per-il-passante-di-bologna) del seguente tenore: 
        «10 dicembre 2018 - Il Ministero delle infrastrutture  e  dei
trasporti ha trasmesso al concessionario Autostrade per  l'Italia  un
nuovo  progetto,  alternativo  al  precedente,  per  il  Passante  di
Bologna. 
    L'ipotesi  progettuale  che  il  Ministero   ha   sottoposto   al
concessionario punta  a  tener  in  debito  conto  tutte  le  istanze
provenienti  dal  territorio  e  dunque  decongestionare  davvero  il
traffico sulla tangenziale annessa nel nodo di Bologna,  ma  con  una
soluzione meno impattante per l'ambiente e anche molto  meno  costosa
delle  precedenti,  a  beneficio  delle  tasche  dei  cittadini   che
viaggiano. 
    Il progetto precedente del Passante prevedeva la  costruzione  di
una nuova infrastruttura volta ad aumentare le corsie, per  tutto  il
tratto interessato, sia dell'autostrada, che non ne ha esigenza,  sia
della tangenziale, al fine di alleggerire il traffico e  favorire  la
circolazione. Il costo previsto era di 722 milioni di euro e i  tempi
di realizzazione stimati in 5 anni e 3 mesi. 
    I tecnici del Ministero propongono invece una soluzione mirata al
problema, con tre possibili scenari,  che  garantiscono  tutti  piena
sostenibilita' ambientale, un ridottissimo consumo del suolo e  costi
abbattuti  anche  del  67%  rispetto  al  progetto   in   valutazione
precedentemente.  Un  risultato,  questo,  che  si  traduce  in  piu'
rispetto per il territorio e un risparmio reale per i cittadini, che,
come detto, ne trarranno un vantaggio in termini di minori  costi  da
sostenere in tariffa. 
    L'idea progettuale prevede la realizzazione di soluzioni volte  a
ridurre i rallentamenti del traffico nel nodo di Bologna, e,  dunque,
le emissioni; e un miglioramento del Trasporto pubblico  locale,  sia
tramite il suo potenziamento sia tramite il decongestionamento  della
viabilita' di adduzione.  La  soluzione  proposta  dal  MIT  punta  a
snellire e rendere fluido  l'accesso  e  l'uscita  dalla  tangenziale
senza intaccare il flusso di chi invece deve proseguire  il  viaggio.
Per questo viene prevista  la  realizzazione  di  una  viabilita'  di
servizio affiancata alla complanare, per una lunghezza molto  ridotta
rispetto al progetto  originario  e  che,  in  base  alle  differenti
ipotesi progettuali, si limita fino a un terzo circa  dell'estensione
complessiva del tracciato. 
    Il  progetto  elaborato  dal  Mit  e'  capace  di  raccogliere  e
convogliare le  manovre  di  ingresso  e  uscita  dalle  intersezioni
contigue, lasciando che il traffico passante  usufruisca  della  sede
attuale della tangenziale senza intralcio, e  prevedendo,  ripetiamo,
un consumo del suolo molto piu' vantaggioso rispetto  alla  soluzione
precedente». 
    In realta' si tratta di  un  progetto  di  mero  allargamento  di
singoli spezzoni stradali, del  tutto  insufficiente  a  risolvere  i
problemi del nodo autostradale  di  Bologna:  ma  ovviamente  non  e'
questo il punto del presente conflitto. 
    Il punto del presente conflitto  e'  invece  che  la  Regione  ha
dovuto evincere da tale comunicato che il Ministero dei trasporti  ha
assunto la decisione unilaterale di non riconvocare la Conferenza  di
servizi precedentemente convocata per il 13 settembre 2018, e  dunque
in non proseguire il procedimento  per  la  realizzazione  dell'opera
concordata, e ha  ritenuto  invece  di  procedere  alla  elaborazione
autonoma ed unilaterale di soluzioni progettuali difformi  da  quelle
situi ad ora concertate e rispetto ad esse largamente riduttive, e di
pubblicizzare tale c.d. «progetto alternativo per il Passante nord di
Bologna», senza minimamente coinvolgere in esso, e  del  resto  senza
neppure informare,  la  Regione  Emilia-Romagna  (ne'  ovviamente  la
Citta' metropolitana di Bologna e i comuni interessati), la quale  lo
ha scoperto come qualunque occasionale visitatore del  sito  web  del
Ministero. 
    A  seguito  di  cio',  in  data  11  dicembre  2018,  la  Regione
Emilia-Romagna, la Citta' Metropolitana di Bologna  e  il  Comune  di
Bologna hanno indirizzato al Ministero  delle  infrastrutture  e  dei
trasporti e, per conoscenza, alla Societa' autostrade  per  l'Italia,
una nota congiunta con la quale invocavano il «rispetto dello spirito
di leale collaborazione istituzionale e ancor  di  piu'  dell'accordo
intervenuto in data  15  aprile  2016»  e  rammentavano  gli  impegni
assunti in occasione dell'incontro tenutosi in data 24 ottobre  2018,
nel senso della  «preventiva  simultanea  condivisione  di  eventuali
proposte alternative al progetto in questione al fine  di  consentire
un confronto su basi  di  correttezza  ed  apertura  per  il  miglior
contemperamento degli interessi». 
    Poiche' anche tale nota non  solo  non  conseguiva  il  risultato
auspicato ma addirittura rimaneva senza risposta, il presidente della
regione, su conforme deliberazione della giunta regionale, inviava in
data 28 gennaio 2019 al Presidente del Consiglio dei  ministri  e  al
Ministero dei trasporti una formale richiesta di: 
        1)  revocare  la  sospensione  della  Conferenza  di  servizi
disposta con la  nota  n.  13005  del  17  agosto  2018  al  fine  di
consentire,  in  ossequio  al  principio  costituzionale  del  giusto
procedimento   amministrativo   e   in   conformita'   alle   vigenti
disposizioni legislative  in  materia  di  lavori  pubblici,  l'esame
congiunto delle ottimizzazioni progettuali richieste con  la  Regione
Emilia-Romagna, la Citta' metropolitana  di  Bologna,  il  Comune  di
Bologna,  gli  altri  enti  locali  e  gli  altri  soggetti   privati
interessati,  fermo  che  l'eventuale  presentazione   di   soluzioni
esorbitanti  dalla  mera  ottimizzazione  progettuale   e   tali   da
compromettere  la  sostanza  del  progetto   allo   stato   esistente
richiedera', in ogni caso, nuove valutazioni da  parte  di  tutte  le
amministrazioni appena richiamate; 
        2)  tenuto  conto  del   ruolo   valutativo   e   decisionale
riconosciuto dalla Costituzione alla Regione Emilia-Romagna in ordine
alle opere pubbliche aventi impatto sul proprio  territorio  sotto  i
profili urbanistico-edilizio, ambientale,  sociale  ed  economico  e,
piu' in generale, della conseguente esigenza di assicurarne la  piena
partecipazione a tutte le necessarie fasi procedimentali  preordinate
alla loro realizzazione, trasmettere senza indugio copia alla Regione
della  nuova  formulazione  progettuale  prospettata  nel  richiamato
comunicato stampa, con l'avvertimento che, laddove  dall'esame  della
documentazione in oggetto dovessero  emergere  soluzioni  progettuali
non  conformi  alle  valutazioni  di   pertinenza   delle   scriventi
amministrazioni, le stesse adotteranno ogni atto di legge  necessario
ad impedirne la realizzazione; 
        3)  in  ogni   caso,   attivare   le   procedure   di   leale
collaborazione, anche mediante la  convocazione  di  un  incontro  al
massimo livello tra il Ministro e i suoi diretti  collaboratori  e  i
responsabili politici della Regione, della Citta' metropolitana e del
Comune di Bologna, provvedendo altresi', nel minor  tempo  possibile,
al ripristino delle corrette scansioni procedimentali previste  dalla
legge. 
    La nota del 28 gennaio 2019 indicava in dieci giorni  il  termine
ragionevole per una risposta alle istanze della Regione. 
    Poiche' anche tale ulteriore e formale richiesta e' rimasta priva
di ogni riscontro da parte dello Stato, la Regione, ritenendo che  le
condotte attive ed  omissive  tenute  dallo  Stato,  e  per  esso  al
Ministero delle infrastrutture e dei  trasporti;  in  relazione  alla
progettazione e alla pianificazione quale  infrastruttura  strategica
del c.d. passante nord del nodo autostradale/tangenziale di  Bologna,
oggetto di accordi attuativi della  legge  n.  443  del  2001,  siano
lesive    delle    attribuzioni    costituzionali    della    Regione
Emilia-Romagna, propone innanzi a codesta ecc.ma Corte costituzionale
il presente conflitto di  attribuzione,  facendo  valere  i  seguenti
motivi di 
 
                               Diritto 
 
Violazione del principio di leale collaborazione,  sancito  dall'art.
120, secondo comma, Cost. Violazione delle competenze  legislative  e
amministrative della Regione nelle materie di competenza  concorrente
«grandi reti di trasporto»  e  «governo  del  territorio»,  ai  sensi
dell'art. 117, terzo comma, e 118 Cost. 
I.  Premessa.  Principio  di  sussidiarieta'  e   doveri   di   leale
collaborazione. 
    In relazione ai fatti sopra esposti la Regione Emilia-Romagna non
contesta la titolarita', in capo allo Stato, delle competenze che  lo
Stato stesso ha attratto in sussidiarieta' mediante la legge  n.  443
del 2001 (c.d. legge  obiettivo),  nel  cui  perimetro  ricadono  gli
interventi relativi al nodo autostradale / tangenziale di  Bologna  -
c.d. passante  nord  che  hanno  dato  luogo  al  presente  conflitto
costituzionale. 
    Per   quanto,   indiscutibilmente,    tali    interventi    siano
riconducibili a funzioni amministrative nelle materie  di  competenza
regionale concorrente delle grandi reti  di  trasporto,  quanto  alla
progettazione  e  alla  esecuzione  dei  lavori,  e  al  governo  del
territorio, quanto alla localizzazione,  la  Regione  e'  consapevole
della sussistenza di interessi unitari  che  giustificano,  ai  sensi
dell'art. 118, primo comma, Cost., la attrazione in sussidiarieta' di
una parte rilevante di tali funzioni  in  capo  allo  Stato,  secondo
quello che  e'  l'insegnamento  di  codesta  Corte  costituzionale  a
partire dalla sentenza n. 303 del 2003. Cio' che la Regione  lamenta,
in questo contesto, e' appunto  la  violazione  delle  garanzie  che,
sempre secondo la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte,  presidiano
tale chiamata in  sussidiarieta'  di  funzioni  amministrative  nelle
materie di competenza regionale, e in  particolare  la  garanzia  del
rispetto del principio di leale collaborazione e della intesa, che di
tale principio sono la piu' evidente manifestazione. 
    Tali garanzie sono il  risvolto  del  fatto  che  i  principi  di
sussidiarieta' e di adeguatezza «convivono con il normale riparto  di
competenze legislative contenuto nel Titolo V», sicche' la  deroga  a
tale riparto costituzionale si  giustifica  solo  in  presenza  delle
condizioni sostanziali e procedimentali individuate dalla sentenza n.
303 (valutazione dell'interesse pubblico  sottostante  all'assunzione
di funzioni regionali  da  parte  dello  Stato  proporzionata  e  non
irragionevolezza  alla  stregua   di   uno   scrutinio   stretto   di
costituzionalita'; accordo con la Regione interessata). 
    Come si ribadisce nella sentenza n. 165 del 2011,  «questa  Corte
ha  affermato,  con  giurisprudenza  costante,  che,  nei   casi   di
attrazione  in  sussidiarieta'  di  funzioni   relative   a   materie
rientranti nella  competenza  concorrente  di  Stato  e  regioni,  e'
necessario,   per   garantire   il   coinvolgimento   delle   regioni
interessate, il raggiungimento di un'intesa, in modo da  contemperare
le ragioni dell'esercizio unitario di date competenze e  la  garanzia
delle  funzioni  costituzionalmente  attribuite  alle   Regioni   (ex
plurimis, sentenze n. 383 del 2005 e n. 6 del 2004)». 
    Giova poi rammentare che la sentenza n. 303 del  2003,  oltre  ad
aver scritto lo statuto generale della chiamata in sussidiarieta', ha
anche fatto specifica applicazione di tale statuto al procedimento di
progettazione e di esecuzione  delle  opere  pubbliche  di  interesse
nazionale. 
    Nella decisione citata, infatti, la Corte, descrivendo i  diversi
meccanismi di composizione dei dissensi tra Stato e regioni  previsti
dall'art. 3, comma 6, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190,
«Attuazione  della  legge  21  dicembre  2001,   n.   443,   per   la
realizzazione delle infrastrutture e  degli  insediamenti  produttivi
strategici e di interesse nazionale» in relazione alla  progettazione
preliminare di  opere  di  interesse  nazionale,  a  seconda  che  si
trattasse di opere  di  interesse  interregionale  o  internazionale,
ovvero -come per le opere costitutive del  «Passante  Bologna»  -  di
opere  di  preminente  interesse  nazionale  o  per  le  quali   tale
preminente interesse nazionale concorra con quello regionale,  notava
che anche nel primo  caso,  pur  essendo  prevalente  e  decisiva  la
volonta'  dello  Stato,  deve  comunque  essere  osservata  la  leale
collaborazione:  «risponde  ...  allo  statuto   del   principio   di
sussidiarieta' e all'istanza unitaria che lo  sorregge,  che  possano
essere definite procedure di superamento del dissenso  regionale,  le
quali dovranno comunque - come avviene nella specie -  informarsi  al
principio di leale  collaborazione,  onde  offrire  alle  regioni  la
possibilita' di rappresentare il loro punto di vista e di motivare la
loro  valutazione  negativa  sul  progetto»   (punto   24   diritto).
Conseguentemente la Corte concludeva  nel  senso  della  legittimita'
della previsione legislativa, «salva la possibilita' per  la  Regione
dissenziente di impugnare la determinazione finale resa  con  decreto
del Presidente della Repubblica ove essa leda il principio  di  leale
collaborazione,   sul   quale   deve   essere   modellato    l'intero
procedimento». 
    In presenza di opere in cui  il  prevalente  interesse  nazionale
concorre con un interesse regionale, la Corte osservava invece che la
disciplina  legislativa  consentiva  alla  Regione   «di   "bloccare"
l'approvazione del progetto ad esse relativo, in attesa di una  nuova
valutazione in sede di aggiornamento del programma». 
    In tali ipotesi la necessita' di  una  intesa  «forte»  e'  stata
confermata dalla successiva giurisprudenza costituzionale,  resa  sia
in sede di giudizio di legittimita' costituzionale  sulle  leggi  (si
vedano le sentenze numeri 274 del 2013 e 7 del 2016), sia in sede  di
conflitto di attribuzione, che codesta Corte costituzionale ha sempre
ritenuto attivabili nei confronti dei comportamenti delle  due  parti
in relazione alle intese richieste dalla chiamata in  sussidiarieta',
anche con specifico riferimento alla legge obiettivo (in tal senso si
veda, ad esempio,  la  sentenza  n.  383  del  2005,  che  sottolinea
«l'esigenza che il  conseguimento  di  queste  intese  sia  non  solo
ricercato in termini effettivamente  ispirati  alla  reciproca  leale
collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di  stallo»
e precisa che «nei casi limite di mancato raggiungimento dell'intesa,
potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento  del  ricorso  a
questa Corte in  sede  di  conflitto  di  attribuzione  fra  Stato  e
regioni»). 
    Quanto  ai  conflitti  espressamente  proposti   e   decisi   con
riferimento alla progettazione di  opere  incluse  nell'ambito  della
legge obiettivo, codesta Corte ha accolto con la sentenza n. 233  del
2004 proprio un ricorso della Regione Emilia-Romagna,  relativo  alla
deliberazione del CIPE del 1° agosto 2003, che approvava ai  sensi  e
per gli effetti dell'art. 3 del decreto legislativo n. 190 del  2002,
con le prescrizioni proposte dal Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, il progetto preliminare della linea 1 della  metropolitana
ad automazione integrale di  Bologna,  delibera  adottata  senza  che
fosse  stato  manifestato  il  necessario  consenso   della   Regione
interessata. 
    La sentenza dichiara che «non spetta allo Stato, e  per  esso  al
Comitato interministeriale per la programmazione economica, approvare
il progetto in assenza del consenso,  della  Regione  Emilia-Romagna,
ovvero senza il rispetto  delle  procedure  per  il  superamento  del
dissenso  regionale»,  sul  rilievo  che  nel  caso  di  specie   era
necessario il consenso della Regione  sull'opera  o,  in  ogni  caso,
l'osservanza di quanto prescritto dall'art. 3 del decreto legislativo
n. 190 del 2002, la cui violazione costituisce «sicura violazione del
principio di leale collaborazione, la cui osservanza  e'  tanto  piu'
necessaria in un ambito come quello  di  una  procedura  che  integra
l'esercizio in sussidiarieta' da parte di organi statali di rilevanti
poteri in materie di competenza regionale». 
    In  definitiva,  la  chiamata  in  sussidiarieta'  giustifica   e
richiede una competenza statale,  ma  tale  competenza,  secondo  gli
insegnamenti di codesta ecc.ma Corte costituzionale, non  si  traduce
in  un  esproprio  della  materia  regionale,  che  costituirebbe  la
negazione della responsabilita' costituzionale della Regione  per  il
Governo del proprio territorio, ma da' luogo ad una titolarita' della
funzione condivisa tra lo Stato  e  la  Regione  che  si  traduce  in
specifici ruoli, da esercitare nel quadro di un  complessivo  obbligo
di collaborazione. 
II. Violazione degli obblighi di collaborazione da parte dello Stato. 
    Facendo applicazione dei principi enunciati dalla  giurisprudenza
costituzionale,  il  presente  conflitto  risulta,  ad  avviso  della
Regione, essere egualmente ammissibile e fondato, alla pari di quello
accolto con la sentenza n. 233  del  2004,  mirando  ad  ottenere  il
proseguimento di una leale collaborazione gia' iniziata e  proseguita
con  l'approvazione  del  progetto   preliminare   delle   opere,   e
l'affermazione che non spetta allo Stato di abbandonare  il  percorso
intrapreso e deciderne uno nuovo e riduttivo senza neppure informarne
la Regione. 
    Ad  avviso  della  Regione,  la  violazione  degli  obblighi   di
collaborazione risulta evidente sotto un duplice profilo. 
a) Violazione attraverso l'unilaterale e immotivato  abbandono  delle
intese gia' perfezionate. 
    Come illustrato in narrativa il Governo, attraverso il  Ministero
delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  ha  concluso  e  stipulato
l'intesa sancita dall'Accordo per lo sviluppo da parte di ASPI  della
progettazione preliminare del c.d. Passante nord di  Bologna  del  29
aprile 2014, sottoscritto dallo stesso  Ministero,  oltre  che  dalla
Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di  Bologna,  dal  Comune  di
Bologna e da Autostrade per l'Italia S.p.A. 
    Tuttavia,  con  il  suo  successivo  comportamento  il  Ministero
dimostra di non considerarsi vincolato all'intesa  gia'  raggiunta  e
conseguentemente, di considerare la posizione espressa dalla  Regione
in quell'accordo come un mero parere, non condizionante la successiva
progettazione. 
    Per contro, dall'esame dell'accordo - a partire  dagli  obiettivi
(art. 2) e dall'oggetto (art. 3), oltre che dalle premesse -  risulta
evidente che esso aveva esattamente lo scopo di individuare  d'intesa
e in modo  vincolante  la  soluzione  di  una  criticita'  viaria  di
interesse comune per lo Stato e per la Regione. 
    Da questo punto di vista non vi e' differenza, sotto  il  profilo
logico, rispetto al caso deciso con la  sentenza  n.  233  del  2004,
perche' in quella ipotesi si  e'  disatteso  un  dissenso  regionale,
mentre qui si disattende il consenso regionale cristallizzato su  una
determinata progettazione, consenso che equivale ad esclusione  delle
proposte diverse da quelle concordate. 
    Di qui la lesione del principio di leale collaborazione, che da',
appunto, copertura alle intese, ma anche  la  lesione  diretta  delle
competenze regionali in materia di grandi  reti  di  trasporto  e  di
governo del territorio, che possono essere esercitate dallo Stato, in
via di sussidiarieta', solo mediante intesa. 
    La vulnerazione delle attribuzioni regionali risulta ancora  piu'
evidente maggiore in considerazione delle specifiche circostanze  del
caso, come sopra descritte, che vedono, in  primo  luogo,  lo  stallo
indotto dal Ministero delle infrastrutture e  dei  trasporti  -  dopo
l'espressione  del  consenso  dello   stesso   Governo   formalizzato
nell'accordo e nei successivi atti autorizzativi  -  giustificato,  a
quanto e' dato di capire  dall'unico  elemento  disponibile  (per  la
Regione come per chiunque altro), costituito dal  comunicato  stampa,
da nuove e diverse valutazioni di puro  merito  e  peraltro  relative
anche ad interessi (come quelli urbanistici o relativi  al  trasporto
pubblico locale) la  cui  valutazione  la  Costituzione  affida  alla
competenza regionale,  neppure  giustificate  da  elementi  oggettivi
sopravvenuti. 
    In secondo luogo, tali «nuove idee» alternative  elaborate  -  in
quasi vantata autonomia - dal Ministero intervengono  in  un  momento
finale  della  progettazione  preliminare,  a  valle   dei   processi
partecipativi  e  delle  gia'  acquisite  valutazioni  ambientali   e
validazioni  progettuali,  con  violazione  del  principio  di   buon
andamento dell'amministrazione. 
    Ancora,  la  sostituzione  della  soluzione  concordata  con   la
soluzione alternativa unilaterale interviene in relazione ad opera in
cui lo Stato e la Regione, ai  massimi  livelli,  avevano  concordato
nell'Atto aggiuntivo  del  19  aprile  2013  all'Intesa  quadro,  una
priorita' di  breve  periodo,  sicche'  la  pretesa  del  Governo  di
azzerare la procedura lede specificamente l'interesse regionale, gia'
sancito dai propri atti di pianificazione territoriale,  a  risolvere
il «nodo» del passante nord di Bologna nei tempi e nei modi richiesti
dalla propria comunita'. 
    Sotto tale ultimo profilo, l'iniziativa unilaterale del Governo -
volta a  contrapporre  (e  ad  imporre)  come  migliore  una  propria
soluzione progettuale - comporta menomazione della  stessa  autonomia
politica della Regione, quale ente territoriale rappresentativo della
comunita' regionale, perche' l'intervento  del  Governo  si  atteggia
come una sorta  di  anomalo  intervento  sostitutivo  per  motivi  di
merito, giustificato pubblicamente con una migliore  capacita'  dello
Stato di curare gli  interessi  della  comunita'  locale  rispetto  a
quanto sappiano fare gli enti territoriali, a partire dalla  Regione.
Laddove, al contrario, il  vantato  «risparmio»,  rispetto  all'opera
gia' decisa, si traduce semplicemente nella drastica riduzione  delle
risorse che la comunita' nazionale aveva messo a disposizione per  la
realizzazione dell'opera maggiore e risolutiva. 
b) In ogni caso violazione degli obblighi di leale collaborazione nel
loro  complesso,  in  particolare  dei  doveri  di  correttezza,   di
informazione e di coinvolgimento in vista di una nuova intesa. 
    Se anche si potesse ammettere che persino in  una  fase  avanzata
non solo della progettazione tecnica, ma anche nella  costruzione  di
quell'insieme di idee, progetti, prospettive e iniziative che  stanno
alla base del consenso di una comunita' rispetto  ad  una  importante
opera pubblica, e persino dopo che le  intese  raggiunte  sono  state
finalizzate in accordi rivolti a  vincolare  il  comportamento  delle
parti, creando affidamenti sulle soluzioni raggiunte lo  Stato  possa
avere titolo ad un ripensamento rivolto a mettere in  discussione  la
soluzione  precedentemente  ritenuta  congiuntamente   la   migliore,
risultera' pero' evidente che cio' non  puo'  fare,  per  il  vincolo
della leale collaborazione, senza coinvolgere in primo  luogo  e  sin
dall'inizio la Regione interessata. 
    Un  conto  infatti  e'  percorrere  in  comune  un  percorso   di
valutazioni da condividere, e  tutto  un  altro  conto  e'  strappare
l'intero accordo gia' concluso e - con atteggiamento che non si  puo'
definire se non  «padronale»  -  progettare  da  soli  e  addirittura
presentare pubblicamente, mediante il sito ufficiale, come deciso, un
progetto del tutto diverso, rispetto al quale e' mancata non solo  la
condivisione,  ma  persino  l'informazione  della  Regione  e   della
comunita' territoriale che essa rappresenta. 
    Dunque,  rispetto  all'imperativo  di  leale  collaborazione,  la
condotta del Governo non puo'  essere  qualificata  se  non  grave  e
soprattutto illegittimamente violativa dei principi  e  delle  regole
costituzionali del rapporto tra lo Stato  e  la  regione:  in  quanto
anche ammesso che le soluzioni  raggiunte  fossero  in  qualche  modo
rivedibili,  tale  revisione  doveva  comunque   avvenire   in   modo
rispettoso  della  leale   collaborazione,   e   quindi,   anzitutto,
coinvolgendo  la  regione  fin  dalle  fasi  preliminari  del   nuovo
procedimento. 
    Invece,  nel  presente  caso,  il  Ministero  non  solo  non   ha
spontaneamente coinvolto la Regione nello  sviluppo  della  soluzione
alternativa per il nodo autostradale / tangenziale del passante  nord
di Bologna, ma e' persino rimasto inerte  di  fronte  alle  richieste
informative e di interlocuzione ripetutamente avanzate dalla Regione,
con cio' confermando la volonta' della Stato - gia'  rivendicata  nel
comunicato-stampa - di procedere unilateralmente  alla  progettazione
di opera diversa da quella sulla quale e' stata raggiunta l'intesa. 
    La Regione, ribadito che tale potere unilaterale dello Stato  non
sussiste, osserva che il rifiuto del  Ministero  di  trasmettere  gli
elaborati progettuali e di interloquire con la Regione,  anche  quale
rappresentate generale e garante degli enti territoriali del  proprio
territorio, nella discussione della soluzione alternativa e'  di  per
se' e in ogni caso lesivo dell'imperativo costituzionale  di  lealta'
radicato nell'art. 120, secondo comma, Cost. 
    La giurisprudenza costituzionale, del resto, ha  sempre  chiarito
che il principio di leale collaborazione «si traduce  nell'onere  per
le parti di sostenere un dialogo, e quindi di tenere un comportamento
collaborativo, che consenta di pervenire in termini ragionevoli  alla
definizione del procedimento»  (sentenza  n.  239  del  2013)  ed  ha
enucleato, quale corollario del principio, un interesse partecipativo
che si pone fin dalle fasi preliminari del procedimento statale. 
    Si vedano, in tale senso, le sentenze numeri 39 e 239  del  2011,
che  menzionano  espressamente,  tra  le  ulteriori  garanzie   della
bilateralita',   «la   partecipazione   della   Regione   alle   fasi
preparatorie del provvedimento statale». 
    Ancora, la giurisprudenza di codesta Corte ha sempre riconosciuto
come insito nel dovere  di  lealta'  anche  l'obbligo  di  rispondere
motivatamente alle richieste della controparte e di non  assumere  un
atteggiamento meramente inerte. L'adozione «di una condotta meramente
passiva, che si traduca nell'assenza di ogni forma di collaborazione»
- ha evidenziato la sentenza n. 239 del 2013 -  «si  risolve  in  una
inerzia idonea a creare un vero e proprio blocco  procedimentale  con
indubbio pregiudizio per il principio di leale collaborazione  e  per
il buon andamento dell'azione amministrativa». 
    Riassuntivamente, la sentenza n. 239 del 2013,  compendiando  gli
approdi cui e' pervenuta la giurisprudenza costituzionale in  materia
di intese imposte dalla  leale  collaborazione,  ribadisce  che  tale
giurisprudenza  «si  basa  su  un  chiaro   principio»,   individuato
«nell'onere per le parti di sostenere un dialogo, e quindi di  tenere
un comportamento collaborativo, che consenta di pervenire in  termini
ragionevoli  alla  definizione  del  procedimento».  Tale  principio,
secondo la sentenza, e' desumibile «dal  richiamo  alle  intese  come
"atti a struttura necessariamente bilaterale";  dalla  previsione  di
idonee procedure di reiterazione delle trattative, volte  a  superare
le divergenze, con l'impiego di specifici strumenti di mediazione (ex
plurimis: sentenze n. 121 del 2010; n. 24 del 2007; n. 339 del 2005);
dalla  partecipazione  della  Regione  alle  fasi  preparatorie   del
provvedimento statale». 
c) Conclusioni. 
    Alla  luce  di  tali  considerazioni  risultano  illegittime  sia
l'abbandono  dell'accordo  gia'  stipulato,  sia  l'omissione   della
riconvocazione della conferenza  di  servizi  una  volta  cessata  la
ragione che ne aveva  determinato  il  rinvio,  sia  la  sostituzione
unilaterale della soluzione progettuale oggetto della intesa  con  la
soluzione alternativa  elaborata  segretamente  dal  Ministero  delle
infrastrutture  e  dei  trasporti,   sia   le   condotte   successive
consistenti nell'ignorare la legittima  richiesta  della  Regione  di
essere coinvolte nelle decisioni e prima  ancora  informata  di  ogni
possibile sviluppo progettuale relativo all'opera,  in  quanto  tutte
lesive  del  principio  di   leale   collaborazione,   perche'   esse
rappresentano una dichiarata e programmatica preclusione di principio
al confronto che, in quanto tale, nega  in  radice  la  bilateralita'
della procedura di intesa ed in definitiva nega la stessa  necessita'
dell'intesa.